martedì 4 agosto 2009

risposta del WWF

voglio pubblicare la risposta che il presidente del WWF Calabria mi ha mandato stamattina in seguito alla lettera che gli scrissi in merito al taglio degli alberi come misura preventiva al rischio idrogeologico. Soprattutto voglio sottolineare la serietà di questa associazione, dal quale ho avuto almeno una risposta. Tutte le volte che ho provato a scrivere a qualche assessore non ho mai ricevuto la benchè minima considerazione, ovviamente sono troppo impegnati ad occuparsi del governo del territorio per prendere in considerazione le segnalazioni dei cittadini.
ecco di seguito la mail di risposta del signor Paolillo con relativi allegati (anche una considerazione sulla decisione del Comune di accettare la possibilità per l'Italcementi di Vibo Marina di usare come combustibile sia i rifiuti solidi urbani che gli pneumatici)

Gentile Signora,
condividiamo pienamente la Sua preoccupazione e le Sue critiche sui recenti tagli di alberi sulla collina del Vibonese: a proposito Le inviamo in allegato un recentissimo nostro comunicato stampa di solidarieta' alla Magistratura dopo i sequestri delle localita' "Cocari" e "Sughero".
Confidiamo molto nell'operato del nuovo Procuratore e Le confermiamo la nostra costante azione di vigilanza e di denuncia.
Un cordiale saluto.
Pino Paolillo

Segreteria Regionale WWF Calabria


APPREZZAMENTI DEL WWF PER LE INIZIATIVE A TUTELA DELLA COLLINA VIBONESE
LE POLEMICHE PASSANO, L’INQUINAMENO RESTA

Il dibattito aperto, a volte anche aspro, che ha fatto seguito alla proposta di bruciare Combustibile da Rifiuti e diecimila tonnellate all’anno di copertoni nel forno del cementificio è servito a richiamare ancora una volta l’attenzione su una situazione ambientale, quella di Vibo Marina e dintorni, che presenta troppi e mai risolti punti di criticità e di degrado più volte denunciati da associazioni, sindacati, rappresentanti eletti dai cittadini.
La stessa diatriba ha riproposto purtroppo la vecchia e fuorviante antitesi tra le ragioni dell’economia (difesa dei livelli occupazionali, riduzione delle spese di produzione) da un lato e quelle dell’ecologia (tutela della salute e dell’ambiente, una nuova politica dei rifiuti) dall’altro.
E a tale proposito penso che nessuno, in buona fede, possa davvero ritenere che chi si batte per una migliore qualità della vita desideri che anche uno solo degli operai di Vibo Marina debba perdere il posto di lavoro, ma dovrebbe essere altrettanto evidente che le preoccupazioni manifestate da più parti nelle scorse settimane, dopo l’accordo per l’utilizzo di CDR e pneumatici come combustibili, riguardano gli effetti negativi che una tale scelta potrebbe avere sull’ambiente e sui cittadini.
E che si tratti di preoccupazioni più che legittime lo testimonia la stessa storia dell’industrialismo, caratterizzata da una costante ricerca del profitto, a danno ( non sempre, ma troppo spesso), delle maestranze, delle comunità locali e dell’ambiente:
Solo per citare qualche esempio: da Porto Marghera ad Augusta, da Crotone a Cengio, da Scarlino a Taranto, da Seveso fino ai recenti casi dell’inceneritore di Colleferro, (che inquinava l’aria mentre tutto veniva fatto risultare in regola) e della “Eternit” di Casale Monferrato, le tragedie umane e i disastri ambientali capitati altrove, magari nascosti o negati per anni, non possono non suscitare una riflessione profonda sulle prospettive di un’area che da tempo è diventata un po’ il simbolo dei mali ambientali e delle contraddizioni di una provincia eternamente in bilico tra sviluppo turistico e sviluppo industriale ( un po’ come volere la botte piena e la moglie ubriaca).
Affievoliti, almeno temporaneamente, i toni della discussione sul futuro, quello che resta, anzi, che letteralmente incombe sulla frazione Marina e dintorni, è l’inquinamento dell’aria. Dopo tutte le polemiche e le assicurazioni elargite dai cosiddetti organi competenti, la cappa rossastra di provenienza ancora ignota che ristagna sul cielo notturno di Vibo Marina e che, nelle giornate di calma atmosferica, è chiaramente visibile anche di giorno, sembra non interessare a nessuno.
E allora, al di là di tutto e tralasciando per il momento di entrare nel merito della inopportunità di bruciare rifiuti che altrimenti potrebbero essere riciclati (“tertium non datur”), la domanda d’obbligo è questa: si può sapere cosa entra nei polmoni di migliaia di cittadini e chi riversa nell’aria altre sostanze ? Si può sapere – mi rivolgo alle autorità sanitarie – se è stata fatta un’indagine epidemiologica su quel territorio per verificare qual è l’incidenza di certe patologie nella popolazione e scoprirne eventualmente le cause? Se davvero non si vuole creare allarmismo, l’unico modo è quello di fornire i dati ( possibilmente non …inquinati) sulla qualità dell’aria.
Se dovesse risultare che la stessa profuma di lavanda e che i cittadini di Vibo Marina campano in salute fino a cent’anni come i vecchietti del Caucaso, allora ci trasferiamo tutti al Pennello; in caso contrario bisogna sapere chi è che inquina e adottare i provvedimenti del caso.
Perché se è giusto che nessuno deve morire di fame, è sacrosanto che nessuno si deve ammalare per colpa degli altri.
A meno che qualcuno non riesca a convincerci che la salute debba cedere il primo posto nella classifica delle cose che contano nella vita.

Pino Paolillo
WWF Calabria

Le recenti iniziative adottate dalla magistratura vibonese per reprimere e contrastare l’abusivismo edilizio che ormai da decenni interessa la collina del capoluogo, non possono che suscitare il vivo apprezzamento da parte di un’associazione, come il WWF, che in tempi non sospetti aveva lanciato l’allarme, insieme ad associazioni ambientaliste locali, sui pericoli che tale opera di consumo del suolo avrebbero comportato.
Purtroppo ci sono voluti i morti e i disastri dell’alluvione di tre anni fa per richiamare l’attenzione sul rischio idrogeologico rappresentato dalla continua edificazione della zona collinare, vista la progressiva impermeabilizzazione del terreno destinato invece ad un utilizzo di tipo agricolo.
Da tempo il WWF aveva auspicato una politica di tutela di tutta l’area, sia attraverso il divieto di edificare, che mediante una massiccia opera di rimboschimento al fine di consolidare le zone soggette a frane e accrescere in tal modo le “difese naturali” in caso di eventi meteorologici particolari come quelli del tragico 3 luglio 2006.
E invece si è continuato a costruire e addirittura a tagliare alberi di pregio come Lecci e altre querce per far posto ad opinabili reti di protezione.
Il Consiglio Regionale del WWF Calabria, nell’esprimere dunque il proprio compiacimento per “l’aria nuova” che si respira nella Procura Vibonese, si augura che l’interesse fin qui dimostrato dai magistrati per il rispetto delle leggi in materia ambientale, si estenda in ogni direzione per ricordare che anche a Vibo Valentia i diritti della natura e la salute dei cittadini non possono essere calpestati impunemente.

WWF Calabria


TAGLIATELI TUTTI

Può sembrare strano, ma c’è un posto dove si nutre un’avversione viscerale nei confronti degli esseri più inermi, silenziosi e generosi del mondo: gli alberi.

Eppure ai bambini delle elementari si insegna che bisogna rispettarli ( purché rimangano confinati nelle illustrazioni dei libri), si fanno fare ricerche su Internet e in qualche caso, per loro, si organizza una festa . In Calabria invece si preferisce “fare la festa” agli alberi. E pensare che una legge dello stato era stata intitolata “Un albero per ogni nato”, ma il senso era quello di piantarli. E comunque, a giudicare dai tagli, il tasso di natalità della regione sembrerebbe nettamente in crescita. Auspicabile dunque una maggiore morigeratezza .

A sud del Pollino la fisiologia vegetale sembra funzionare all’incontrario: qui le piante “tolgono l’aria”, sottraggono prezioso ossigeno e producono anidride carbonica, provocano frane e smottamenti, insudiciano il terreno con i loro rifiuti (foglie, frutti), creano fastidiose zone d’ombra impedendo alle automobili di ricevere quei raggi solari che rendono gradevoli gli abitacoli soprattutto durante i mesi estivi.

Per non parlare poi dei danni che arrecano ai marciapiedi! Per cui, per mettere quattro mattonelle nuove, è giusto buttare giù un patriarca di cento anni.

Ma non è tutto: gli alberi nascondono, coprono, limitano l’attività più amata dal popolo calabrese curioso ed esibizionista: guardare ed essere guardati, sapere degli altri e far sapere agli altri di sé. Dalla nascita al cimitero. In una regione dove ognuno “mira ed è mirato e in cor s’allegra”, dove tutto si mette in mostra, dove, se fosse possibile, si gioirebbe pure del proprio funerale come momento di protagonismo, un elemento che crea separazione, che impedisce all’occhio di spaziare sulla strada sottostante o nella casa di fronte, non può che essere osteggiato .

C’è chi ha protestato perché non si vedeva l’insegna o l’automobile sotto casa e persino chi , sempre a causa degli alberi, non poteva salutare la dirimpettaia. Sempre in Calabria poi gli psicanalisti hanno dovuto coniare un nuovo termine per descrivere la sindrome depressiva che colpisce una buona parte della popolazione: la dendrofobia (dal greco dendròs, albero e phobia, timore). Non passerà molto che i medici, per debellare il “male oscuro” saranno costretti a prescrivere: “ l’abbattimento di elementi arborei nel raggio di un km e soggiorno in zone desertiche"” E chissà che con questa cura non torni la gioia e la voglia di vivere.

Volete mettere il frenetico, ma vitale fluire della vita cittadina con suoi rumori, i salutari gas di scarico, le scoppiettanti marmitte, le impennate acrobatiche, il vivace andirivieni di massaie e le file di automobili , con il cupo colore di immobili e resinosi Pini “scagliosi ed irti”? Tanto, di questi tempi gli innamorati passeggiano teneramente nei centri commerciali e se qualcuno andasse a sentire “la pioggia nel pineto” lo prenderebbero per scemo. Meglio i cd ad alto volume nell’auto presa a rate.

Eppure il taglio degli alberi o la loro mutilazione hanno motivazioni molto più serie: c’è chi è pronto a giurare che tutti gli alberi del proprio paese sono ammalati o pericolanti. O meglio “potenzialmente pericolanti”. E chi può negare che una giornata di scirocco o di maestrale non possa schiantare un ramo o un fusto intero? Ergo, via libera alle motoseghe, perché “potenzialmente” tutto può accadere.

Bisognerebbe consigliarlo pure al Sindaco Alemanno: quei vecchi Platani lungo il Tevere o i Pini tanto cari a Respighi rappresentano un pericolo per la gente capitolina, per cui una bella “pulizia” delle strade e delle ville romane non sarebbe male. Quanto a Tivoli non si capisce perché non chiudano Villa d’Este per inagibilità, con quei Lecci decrepiti che minacciano migliaia di visitatori.

Peccato che sia un po’ più costoso, ma tante case dei centri storici andrebbero abbattute in quanto “potenzialmente pericolanti” in caso di terremoto, ma le case hanno un legittimo proprietario, non sono di nessuno come gli alberi o le panchine .Altrove si dice che il verde abbellisce, che accresce la qualità della vita, ma qui in Calabria il concetto di bello risulta sconosciuto, estraneo alla nostra mentalità: basta guardare come è stata massacrata la regione negli ultimi decenni , mentre i pilastri continuano a spuntare come i funghi in autunno.

Ma in fondo, se davvero fare politica significa rispondere alle esigenze dei cittadini, tagliateli tutti, così li farete felici e chissà che non ci scappi qualche voto in più.

Per le ricerche dei nostri figli, basta collegarsi ad Internet : ci sono bellissime foto di alberi.

E non tolgono l’aria!

Pino Paolillo


LE POLEMICHE PASSANO, L’INQUINAMENO RESTA

Il dibattito aperto, a volte anche aspro, che ha fatto seguito alla proposta di bruciare Combustibile da Rifiuti e diecimila tonnellate all’anno di copertoni nel forno del cementificio è servito a richiamare ancora una volta l’attenzione su una situazione ambientale, quella di Vibo Marina e dintorni, che presenta troppi e mai risolti punti di criticità e di degrado più volte denunciati da associazioni, sindacati, rappresentanti eletti dai cittadini.
La stessa diatriba ha riproposto purtroppo la vecchia e fuorviante antitesi tra le ragioni dell’economia (difesa dei livelli occupazionali, riduzione delle spese di produzione) da un lato e quelle dell’ecologia (tutela della salute e dell’ambiente, una nuova politica dei rifiuti) dall’altro.
E a tale proposito penso che nessuno, in buona fede, possa davvero ritenere che chi si batte per una migliore qualità della vita desideri che anche uno solo degli operai di Vibo Marina debba perdere il posto di lavoro, ma dovrebbe essere altrettanto evidente che le preoccupazioni manifestate da più parti nelle scorse settimane, dopo l’accordo per l’utilizzo di CDR e pneumatici come combustibili, riguardano gli effetti negativi che una tale scelta potrebbe avere sull’ambiente e sui cittadini.
E che si tratti di preoccupazioni più che legittime lo testimonia la stessa storia dell’industrialismo, caratterizzata da una costante ricerca del profitto, a danno ( non sempre, ma troppo spesso), delle maestranze, delle comunità locali e dell’ambiente:
Solo per citare qualche esempio: da Porto Marghera ad Augusta, da Crotone a Cengio, da Scarlino a Taranto, da Seveso fino ai recenti casi dell’inceneritore di Colleferro, (che inquinava l’aria mentre tutto veniva fatto risultare in regola) e della “Eternit” di Casale Monferrato, le tragedie umane e i disastri ambientali capitati altrove, magari nascosti o negati per anni, non possono non suscitare una riflessione profonda sulle prospettive di un’area che da tempo è diventata un po’ il simbolo dei mali ambientali e delle contraddizioni di una provincia eternamente in bilico tra sviluppo turistico e sviluppo industriale ( un po’ come volere la botte piena e la moglie ubriaca).
Affievoliti, almeno temporaneamente, i toni della discussione sul futuro, quello che resta, anzi, che letteralmente incombe sulla frazione Marina e dintorni, è l’inquinamento dell’aria. Dopo tutte le polemiche e le assicurazioni elargite dai cosiddetti organi competenti, la cappa rossastra di provenienza ancora ignota che ristagna sul cielo notturno di Vibo Marina e che, nelle giornate di calma atmosferica, è chiaramente visibile anche di giorno, sembra non interessare a nessuno.
E allora, al di là di tutto e tralasciando per il momento di entrare nel merito della inopportunità di bruciare rifiuti che altrimenti potrebbero essere riciclati (“tertium non datur”), la domanda d’obbligo è questa: si può sapere cosa entra nei polmoni di migliaia di cittadini e chi riversa nell’aria altre sostanze ? Si può sapere – mi rivolgo alle autorità sanitarie – se è stata fatta un’indagine epidemiologica su quel territorio per verificare qual è l’incidenza di certe patologie nella popolazione e scoprirne eventualmente le cause? Se davvero non si vuole creare allarmismo, l’unico modo è quello di fornire i dati ( possibilmente non …inquinati) sulla qualità dell’aria.
Se dovesse risultare che la stessa profuma di lavanda e che i cittadini di Vibo Marina campano in salute fino a cent’anni come i vecchietti del Caucaso, allora ci trasferiamo tutti al Pennello; in caso contrario bisogna sapere chi è che inquina e adottare i provvedimenti del caso.
Perché se è giusto che nessuno deve morire di fame, è sacrosanto che nessuno si deve ammalare per colpa degli altri.
A meno che qualcuno non riesca a convincerci che la salute debba cedere il primo posto nella classifica delle cose che contano nella vita.

Pino Paolillo
WWF Calabria

1 commento:

Pino Amoruso ha detto...

Serietà del WWF calabria, bella notizia. E' triste non ricevere risposte dai nostri dipendenti (come li chiama Grillo).
Un abbraccio ;)