giovedì 25 febbraio 2010

Italia si chiamava la Calabria


In epoca greca, prima delle colonizzazioni, la Calabria era abitata da più comunità, tra cui gli Enotri (coltivatori della vite), i Coni, i Morgeti, gli Itali. Proprio dal mitico sovrano Italo, la regione - che prima ancora si chiamava Enotria - fu detta «Italia» dai colonizzatori ellenici. Il nome, poi, si estese a tutta la penisola. Fu, dunque, la Calabria a dare il nome all’Italia. Molti dizionari enciclopedici - taluni anche volutamente - lo ignorano. Aristotele, il grande filosofo greco, nel 384 a.C. scrive che Italo era il re degli Enotri e che «da lui questi presero in seguito il nome di Itali, come pure venne chiamata Italia la regione da loro abitata, quella propaggine di coste delimitata a nord dai golfi di S. Eufemia Lamezia e di Squillace, così vicini tra loro che distano solo una giornata di cammino».
L’impronta della Magna Grecia

La fortissima impronta culturale lasciata dalla Magna Grecia, ancora oggi in Calabria, sopravvive non solo attraverso le aree archeologiche ma anche negli stupendi tessuti e nei coloratissimi costumi fatti a mano su antichi telai (e con strumenti quasi identici a quelli di duemila anni fa) che - a sorpresa - spuntano fuori, specie se si visitano determinate zone della regione in occasione di festività religiose o se ci si imbatte per caso in feste nuziali o anche cerimonie funerarie. In tali circostanze è davvero facile vederne di ogni foggia e spesso a vivacissimi colori, anche in seta e broccato, specie nelle località in cui si parla albanese come San Demetrio Corone, Caraffa di Catanzaro, Vaccarizzo o Spezzano Albanese, dove la tradizione della tessitura è piuttosto antichissima.
La lana fu la prima fibra ad essere adoperata, ma nei secoli si utilizzarono anche seta, ginestra, cotone, lino. Ma la sorpresa più grande è che in qualche zona i tessuti vengono ancora colorati secondo la tradizione arcaica, bollendo le tele con infusi vegetali di varie cortecce. Le decorazioni utilizzate danno l’idea della stratificazione delle diverse presenze culturali con motivi geometrici che risalgono alla Magna Grecia. I tessuti a strisce risentono degli scambi con la civiltà egizia, e molto forte è la presenza di simboli cristiani, dal calice alla sfera, dai pampini di vite alle stelline. L’influsso arabo sarebbe invece rintracciabile in alcune figure di animali. Molto forte, comunque, in alcuni centri è la presenza del panno di lana o tessuto fine e pregiato tinto di colore rosso acceso. Di panno rosso scarlatto, infatti, è il costume di Nicastro. Di velluto scuro con corpetto nero, camicia bianca ricamata quello di Luzzi. Il costume segna le tappe importanti della vita calabrese e prosegue una tradizione che si alimenta ed alimenta un fiorente artigianato tessile. A Longobucco ma anche a San Giovanni in Fiore, Cerzeto, San Demetrio si trova un'ampia scelta di tappeti rustici, tessuti adatti ad uso decorativo, coperte, tovaglie, ricami. Piuttosto famoso per la tessitura e per la produzione dei caratteristici e pregiati scialli calabresi, i «vancàli» che rispecchiano una storia millenaria, è anche l'ameno comune di Tiriolo, in provincia di Catanzaro. Molto presente è anche la ceramica che, nei centri dello Ionio è grezza, solo raramente colorata con qualche tocco di blu o rosso, mentre nella zona di Gerace è invece molto vicina, sia per le forme che per le decorazioni, a quella greca. Ceramiche e terrecotte fanno parte della tradizione calabrese, e visitando le botteghe artigiane di Rende, Cariati, Corigliano, Seminara, Locri, Nicastro, Squillace, è ancora possibile ammirare l’uso virtuosistico del tornio a mano - secondo tecniche antichissime - e osservare l'«infornata» di orcioli, anfore, più o meno come duemila anni addietro.
Vincenzo Pitaro
www.vincenzopitaro.it

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