martedì 15 gennaio 2008

memoria impertinente


cari amici
questi sono stati giorni di grande fermento emotivo, che mi hanno distolta dalle mie occupazioni quotidiane e dagli impegni di lavoro anche più di quanto possa permettermi. Purtroppo il mio datore di lavoro non accetterebbe mai la giustificazione troppo emotiva del mio interesse verso il momento di assoluta agitazione culturale che sta attraversando la città che ha formato i miei anni verdi. E non posso biasimarlo. La mia vita è qui, il mio lavoro è qui, la mia famiglia la sto costruendo qui, e nonostante la stretta al cuore che provo quando sento parlare della mia città d'origine non posso far finta di essere lì perchè io sono qui e questa è   stata una mia scelta, forse forzata all'inizio ma ora più che consapevole.
Non saprei come spiegare questo senso di sdoppiamento, mentre parlo di pendenze e di distanze, quando spiego l'importanza delle pietre giganti trovate durante gli scavi, o insisto perchè si usino materiali naturali la mia testa volge sempre lì, all'immagine che ho impressa nella mia memoria ed in quei momenti mi sembra di essere a casa, parlare in dialetto col capo mastro e immaginare la mia terra come nuova. Sono malata di nostalgia probabilmente. Qualcuno mi dice che dovrei fare dei figli, perchè loro radicano il senso di appartenenza ad un luogo, forse è vero, ma mi disturberebbe dover concepire per cancellare questa mia sensazione...come dire chiodo schiaccia chiodo!
Non credo che questa mia condizione svanirà mai, come ho ribadito qualche post fa mi sento calabrese ed orgogliosa di esserlo, per questo tutto ciò che riguarda le mie origini mi fa sentire con maggiore intensità i sentimenti che scatena. Forse devo solo accettarlo e sorridere tutte le volte che mi succede. 
Chiedo perdono a coloro che ho annoiato e cambiando argomento vorrei parlare di tutti quei medici che si trovano a dover subire le ingiurie e le offese per colpa del gruppo di "raccomandati" che hanno mandato in malora l'ospedale Jazzolino di Vibo.
Vorrei poter dire loro, che le tempeste di solito non arrivano senza preavviso e che se loro si trovavano in una situazione critica come descrivono avrebbero dovuto denunciarne la situazione a chi di competenza, purtroppo paghiamo sempre per le nostre azioni, anche quelle che non compiamo. e poi vorrei tranquillizzarli..se il loro è stato finora un lavoro ben fatto, non hanno nulla da temere, i primi a ringraziarli saranno proprio i pazienti che hanno salvato, e non c'è soddisfazione più grande che leggere negli occhi degli altri una sincera gratitudine.
Invece di minacciare o di chiedere il trasferimento dovrebbero pensare che l'ospedale di Vibo deve coprire l'intera provincia e che se abbandoneranno anche loro, avranno contribuito allo sfacelo della sanità calabrese. Penso che per etica un medico debba pensarci due volte prima di fare certe affermazioni. Di fatto coloro che stanno persistendo a portare avanti il loro lavoro tra mille difficoltà hanno la mia piena solidarietà e comprensione e sono sicura che la gente per bene si accorgerà se il medico che ha di fronte sia onesto oppure no.

4 commenti:

Pino Amoruso ha detto...

Pienamente d'accordo con te. Anche per la nostalgia per la nostra bella Calabria. Io sono sposato, ho una bimba; la nostalgia è diminuita ma non sparisce mai, per fortuna ;-)
un caro saluto

calabrisella ha detto...

grazie Pino per le tue parole. il passato è dentro di noi e non può essere cancellato anzi deve servirci per costruire il nostro futuro.
che bello hai una bimba! complimenti!
sarà orgogliosa del suo papà calabrese.
un abbraccio a voi

Anonimo ha detto...

cara rosanna, lo esprimi tra le righe: vale la pena di vivere queste senzazioni, sono amore allo stato puro, senza compromessi e limitazioni.
la testa vola via mentre la scrivania di fronte a te è piena di carte e il monitor del pc è acceso.
è un bene che sia cosi', non è un limite al vivere quotidiano.
quando sono sceso per natale, non ho mancato di fare qualche giro la dove il senso dei luoghi si fa senso della vita, in uno dei tanti paesi abbandonati, dove il silenzio è tagliato solo dal vento. c'era l'imposta di una finestra di un edificio diroccato che ancora sbatteva per il vento, quelle cerniere arrugginite che ancora reggevano la pesante imposta di legno erano il certosino lavoro di un fabbro di 200anni fa. c'erano le pietre di granito modellate da mani antiche sparse dopo un crollo, e le viuzze (le rughe le chiamano da noi) scoscese con gli usci delle case spalancati sui ricordi..

e mi fermo qui.. sennò mi vien voglia di scappare! ;-)

vale la pena vivere di emozioni?
certo che si..

ciao, effeci.

calabrisella ha detto...

grazie effeci per le tue parole cariche di intensità...hai ragione vale la pena di vivere le emozioni, e quanto hai ragione! sono proprio i luoghi a farsi carico dei ricordi per lasciare impresse le emozioni ai posteri. la nostra bella Italia ne è un esempio maestro e la Calabria non ne è da meno. Proprio oggi ho fatto un sopralluogo in una villa del Settecento e sebbene sia stata rimaneggiata ed usata recentemente come agriturismo, in se portava il fascino antico dei palazzi di corte e quell'atmosfera di eleganza ma anche di laboriosità (le stalle erano ancora nella conformazione originaria) tipiche di quel periodo; e poi un cipresso di 400 anni fiancheggiava maestoso la figura della villa come in un dipinto da paesaggismo illuminista. La Calabria è piena di queste immagini o molto simili, peccato che non vengano valorizzate e protette ma piuttosto lasciate andare. Un esempio? qualche tempo fa per una consulenza mi sono avvicinata alla zona, sulle colline di Vibo Marina, dove stanno costruendo a tutto spiano palazzi (fino a 4 piani!!!) e villette a schiera e lì in mezzo a gru, transenne e scavatori ho notato la bellezza di una casa in mattoni risalente agli anni trenta-quaranta carica di questo fascino di cui abbiamo parlato, e tipologicamente caratteristica della nostra zona. Purtroppo ormai è circondata da cantieri e soprattutto i vari movimenti terra hanno destabilizzato la struttura provocando crepe e danni strutturali e rischia di essere demolita e dimenticata per sempre. Se ciò avvenisse sarebbe una grossa perdita della memoria artistica e culturale della nostra comunità. Ma come si può salvare?